Come nasce un attacco di panico? Perché si ripete?

Come nasce un attacco di panico? Perché si ripete?

Come nasce un attacco di panico? Come mai si può avere un attacco di panico? Cosa lo determina?

Le ricerche degli ultimi decenni hanno permesso di identificare quei meccanismi psicologici e neurologici che caratterizzano il modo in cui gli attacchi di panico si generano e si autoalimentano.

La figura riportata più in basso rappresenta graficamente il modo in cui questi meccanismi si intrecciano e si legano gli uni agli altri, determinando quel circolo vizioso che genera e mantiene in vita gli attacchi di panico.

Come nasce un attacco di panico: i circuiti del panico

Un attacco di panico ha come nucleo centrale l’ansia e l’interpretazione catastrofica dell’ansia, fattori che si alimentano e si rinforzano reciprocamente. Questo circuito è il cuore del problema e il suo motore fondamentale. Non è possibile liberarsi dagli attacchi di panico senza spezzarne la catena.

I circoli viziosi del panico
Fig. 1 – Come nasce un attacco di panico: i circoli viziosi del panico (Ansia e attacchi di panico. Come superare il problema Spagnulo, Falcone, Giannantonio, 2006, 24)

Il sistema di attacco-fuga

Vediamo dunque come comprendere il circuito del panico in ogni suo aspetto e quali indicazioni trarne.

In situazioni di pericolo, il corpo umano è predisposto a reagire con l’attivazione del cosiddetto “sistema di attacco-fuga”.

Il sistema nervoso simpatico, mediante l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, si attiva per garantire le azioni volte alla salvaguardia dell’organismo; a tal fine esalta le funzioni utili a fronteggiare il pericolo, e diminuisce temporaneamente l’attività di quelle meno necessarie:

  • Il cuore pompa più velocemente il sangue per favorire il necessario apporto ai muscoli
  • I polmoni si dilatano per ricevere maggiori quantità di aria
  • L’apparato digerente sospende le proprie attività per garantire maggiore energia all’azione periferica
  • La produzione di endorfine innalza la soglia del dolore per renderci in grado di sopportare tensioni emotive o fisiche maggiori del normale

Cosa accade se ci troviamo di fronte a un pericolo imminente?

In pochi attimi l’organismo è in stato di allerta per far fronte alla minaccia incombente.

Il meccanismo di attacco/fuga è la reazione ancestrale al pericolo, geneticamente determinata, che è collegata soggettivamente all’emozione della paura.

Tigre

E cosa accade se ci troviamo di fronte a pericoli di natura diversa?

Se dobbiamo sostenere un colloquio o un esame importante, se dobbiamo recitare o cantare in pubblico, per quanto esposti a un certo margine di rischio, non corriamo alcun pericolo imminente. Eppure, il corpo si attiva come si trovasse di fronte a un predatore.

In quanto meccanismo ancestrale, il sistema di attacco-fuga non distingue tipi diversi di pericolo. Né sa individuare se essi siano esterni o interni all’individuo. E ciò comporta che la sua attivazione può essere inutile o persino controproducente.

Come nasce un attacco di panico: attivazione eccessiva del sistema di attacco-fuga e circolo vizioso del panico

Il meccanismo di attacco-fuga è molto più antico della nostra evoluzione culturale e intellettuale.

Esso non sa distinguere tra il pericolo fisico e il rischio di perdere il nostro amor proprio o la nostra integrità. Non discerne tra l’essere abbandonati dai nostri genitori in età precoce e il sentirci soli quando dobbiamo affrontare un compito difficile.

Entro certi limiti tale errore di valutazione rende vigili e concentrati, regalandoci performance migliori.

I problemi sorgono quando l’attivazione è eccessiva, sproporzionata alla situazione reale oppure troppo frequente.

Tutto ciò che aveva un preciso significato, se riferito a un pericolo per la sopravvivenza, diventa eccessivo o addirittura ingiustificato.

Questo può in parte spiegare come nasce un attacco di panico. Ma esistono ulteriori fattori in grado di aggravare la situazione causando un vero e proprio circolo vizioso.

L’ansia genera ulteriore ansia

Ad aggravare la situazione c’è il fatto che i sintomi dell’ansia possono diventare a loro volta motivo di ulteriore ansia.

A volte l’aumento del battito cardiaco, la tensione o il respiro affannoso sono sufficienti per spaventarsi, per pensare che stia accadendo qualcosa di terribile, che si stia per impazzire o per perdere il controllo. Ciò aumenta l’ansia – confermando che qualcosa di catastrofico sta per accadere. Il meccanismo di attacco-fuga intensifica la sua azione. E così aumentano i sintomi in un circolo vizioso che sembra poter generare solo paura. 

La caratteristica di questo circolo vizioso? Una volta instaurato, l’ansia genera ulteriore ansia. E crea un vortice che si autoalimenta, prescindendo dall’origine dell’ansia che ha innescato il processo.

L’evitamento sembra una soluzione, ma produce limitazioni

Dopo aver sperimentato uno o più attacchi, la persona tende a evitare i luoghi o le situazioni che glielo ricordano.

Questa condotta di evitamento, che di per sé sembra essere funzionale al soggetto per sottrarsi da fonti di nuovi attacchi, rappresenta un importante fattore di mantenimento del problema. E, in una escalation di restrizioni, giunge spesso a limitare in maniera inaccettabile il raggio d’azione della persona.

Limitazioni

Ciò ha delle ripercussioni importanti sulla sua qualità di vita, generando limitazioni gravi nelle relazioni, nel lavoro e negli affetti.

Gli impegni, le decisioni importanti e le relazioni interpersonali finiscono per doversi adeguare al problema del panico, in un rapporto di subordinazione che porta a riplasmare la vita in funzione di divieti e limitazioni.

È un percorso da cui difficilmente si può tornare indietro senza un aiuto competente.

Il DAP (disturbo da attacchi di panico) si presenta talvolta in associazione con un Disturbo Depressivo. In tal caso i sintomi depressivi sono di rado la causa degli attacchi di panico. Più spesso rappresentano il frutto della frustrazione legata a una vita di limitazioni.

Le limitazioni generano un senso d’inadeguatezza

Rinunciare a viaggiare, muoversi, incontrare persone nuove, vuol dire rinunciare alla ricchezza della vita. E quand’anche non dà luogo a sintomi depressivi, porta comunque con sé le tracce della sofferenza e dell’insoddisfazione oltre che di una caduta della stima di sé. Tutto questo priva la persona delle forze necessarie per affrontare il problema con determinazione.

La sensazione di inadeguatezza e di pericolo costante porta infatti alla costante e reiterata richiesta di vicinanza e aiuto. E questo sino alla totale dipendenza da altri individui, che diventano il fondamento del proprio senso di sicurezza e protezione.

Colui che ha completamente perso la fiducia nelle proprie capacità di fronteggiare le situazioni che considera critiche addossa ad altri la responsabilità di aiutarlo. Lo fa involontariamente, chiedendo di intervenire prontamente nel caso di un attacco di panico o richiedendo la presenza per prevenire l’innescarsi del fenomeno.

Le relazioni risultano viziate dalla paura

In genere chi è affetto da questo disturbo struttura legami affettivi e relazioni amicali fondati sul fatto che l’altro, conoscendone i limiti, si ponga nei suoi confronti in maniera protettiva.

Le relazioni risultano perciò viziate dalla paura e dalla conseguente necessità di sentirsi protetto. Il soggetto, delegando ad altri la propria sicurezza personale, rinuncia a confrontarsi con i propri limiti e conferma a se stesso la propria presunta incapacità e inadeguatezza.

Tutti noi viviamo stati d’animo ed emozioni complesse ed articolate, talvolta persino contrastanti. Ma se ne siamo consapevoli, riusciamo anche a gestirle in maniera armoniosa.

Nelle persone che soffrono di DAP si osserva frequentemente che emozioni, stati d’animo, pensieri, bisogni e comportamenti contrastanti si attivano contemporaneamente e in modo confuso. Questa ambivalenza si manifesta nei gesti e nei comportamenti. E porta spesso confusione nei rapporti interpersonali, incomprensioni e tensioni.

Ora è chiaro come nasce un attacco di panico; e cioè, cosa accade quando la persona con DAP percepisce i sintomi ansiosi.

Ma rimane da capire:

  • Cosa può innescare l’ansia iniziale?
  • Cosa rende alcune persone così sensibili all’ansia da averne paura?

Le cause di un attacco di panico

Non c’è un’ipotesi univoca che renda ragione di tali fenomeni, ma più che altro un insieme di fattori diversamente interagenti.

Nello schema, essi sono genericamente evidenziati come segue:

La genetica e il temperamento

Le persone nascerebbero con un corredo genetico che le rende più o meno vulnerabili all’ansia. Si tratta di varianti che di per sé non giustificano la patologia ma che, insieme ad altri aspetti, possono concorrere allo sviluppo della sintomatologia.

Le esperienze passate

Alcune esperienze particolarmente traumatiche per la persona possono rimanere inscritte nell’organismo e sovraccaricarne la capacità di reazione. Diventa così sufficiente anche un piccolo stimolo collegato all’evento perché riemerga, nel corpo e nella mente, l’esperienza che ha sopraffatto a suo tempo la capacità di reazione.

Anche senza aver subito veri e propri traumi, è possibile che nella propria storia personale vi siano tematiche di fondo che non sono state affrontate e risolte. Esse hanno spesso a che fare con il timore eccessivo di mettere in atto comportamenti esplorativi o con un sensibilità eccessiva all’abbandono.

Nel loro insieme questi temi si riferiscono a come la storia personale ha influenzato e influenza la struttura della personalità e dunque le modalità generali con cui si vede il mondo e se stessi.

Il senso di fragilità

Questo aspetto della personalità ha, in parte, una base biologica e in parte è determinata dalle esperienze di relazione con gli altri, passate e presenti.

In questi termini è molto importante la storia di attaccamento che la persona ha avuto con le figure di accudimento.

Il contesto di vita presente

Lo stile di vita o gli eventi di vita attuali; gli stress cui si è sottoposti; la perdita di una persona cara o grossi cambiamenti di vita quali un trasloco, la perdita del lavoro o la fine di un matrimonio.

I trigger (“grilletti”):

Sono gli eventi scatenanti il primo attacco di panico.

Si tratta di situazioni a volte banali che tuttavia, se inserite in un momento di particolare vulnerabilità, danno il via al circolo vizioso del panico.

Si tende ad attribuire a questi eventi un’importanza eccessiva, come se da soli bastassero a provocare un malessere così intenso. Ma in realtà costituiscono fattori di squilibrio in una situazione già fortemente instabile.

I trigger dunque, sono solo delle associazioni mnemoniche che, tuttavia, hanno il potere di mettere in moto tutti i circoli viziosi descritti in precedenza, proprio perché affondano le loro radici in un terreno già predisposto.

Possiamo genericamente riferirci agli elementi descritti per provare a spiegare l’eziologia del Panico; comunque, esistono molteplici approcci che hanno descritto e affrontato l’argomento da prospettive molto differenti.

In conclusione…

Tutto ciò che abbiamo provato a definire e classificare per descrivere il fenomeno generale va poi contestualizzato e approfondito nell’ambito della propria storia individuale. Non ci sono regole per tutti.

Il disturbo di panico va analizzato e conosciuto nel suo personalissimo significato. È un sintomo, e come tale va interpretato e svestito della sua valenza metaforica, per riconoscere il messaggio di cui è portatore per te, all’interno della tua vita.

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