Quando la libertà diventa un problema: la Sindrome della Capanna
Mentre molte persone, solo pochi giorni fa, scalpitavano all’idea di tornare ad uscire e a incontrarsi con amici e familiari, molti altri sperimentano ad oggi paura e ansia all’idea di una normalità, seppur diversa da quella cui eravamo abituati.
Chi, in fondo in fondo, preferirebbe prolungare la zona rossa con tutte le limitazioni cui a lungo ci si è dovuti adeguare sta probabilmente vivendo quella che gli esperti definiscono Sindrome della capanna. In inglese si chiama FOGO: “Fear of going out”, che altro non è che la paura di uscire.
Per capirne di più, cerchiamo di definirne cos’è, con quali sintomi si manifesta e come affrontarla in maniera efficace.
Le origini del nome
Il nome della sindrome della capanna trae origine dai tempi dei cercatori d’oro dell’America dei primi del ‘900. Poichè la loro attività si concentrava in determinati periodi dell’anno, i minatori trascorrevano lunghi periodi al chiuso. Nel tornare alla civiltà sperimentavano periodi di paura intensa, ansia, stress e sentimenti di rifiuto.
Il fenomeno è quindi piuttosto conosciuto, soprattutto in quei paesi dove le rigide condizioni climatiche costringono le persone all’isolamento per lunghi periodi. Quando il sole torna a scaldare le temperature, le persone pare facciano fatica ad uscire e abbandonare quello che per loro è diventato molto più di una casa: un rifugio sicuro.
Effetti psicologici del Covid-19
La nostra salute psicologica è stata fortemente influenzata dal Covid. Le diverse fasi di questo ultimo anno di emergenza sanitaria hanno comportato in molte persone ben specifici cambiamenti. Quando tutto è cominciato abbiamo assistito ad un significativo rialzo dei sintomi ansiosi. Principalmente sotto forma di disturbi del sonno, preoccupazione, anticipazioni catastrofiche e disperazione.
Successivamente comportamenti compulsivi nell’area dell’igiene personale e dei controlli sanitari. Sono giunti infine i problemi di coppia e familiari, amplificati da un innaturale prolungato contatto con i propri cari, magari in spazi ristretti. Non parliamo poi di chi ha perso un amico o un familiare stretto. È qui che la sofferenza, l’impossibilità di salutare il defunto e di elaborare il lutto in maniera appropriata ha fatto più danni. Il pesante zaino emotivo della perdita non elaborata è diventato terreno fertile per lo sviluppo di sintomi depressivi.
Ed ora che succede?
Con l’ingresso in zona bianca e l’apparente riapertura dei nostri confini fisici e psicologici, tutto ciò culmina oggi sin troppo di frequente in un quadro sintomatologico che sembra trasformare la libertà in un problema.
Un recente sondaggio dell’American Psychological Association ha rilevato che il 49% degli adulti ha riferito di sentirsi a disagio nel tornare alle interazioni di persona al termine della pandemia.
La Sindrome della capanna è una patologia?
La sindrome della capanna non è una patologia, ma un quadro di sintomi. Si tratta di una reazione in principio abbastanza normale. Deriva da un isolamento che ha abituato il nostro cervello ad una dimensione domestica, che dà sicurezza e protezione. Se aggiungiamo a questo il terrore diffuso di un virus ancora presente e dell’arrivo allarmante di varianti di cui non conosciamo quasi nulla, ben si capisce perché il fenomeno sia così diffuso. Attualmente non è presente nei principali sistemi di classificazione dei disturbi psicologi e psichiatrici. Facilmente la sua attuale diffusione porterà ad intensificare la ricerca in tale direzione.
Quali sono i sintomi della sindrome della capanna?
A livello psicologico:
- Pensieri catastrofici riguardo ciò che si estende oltre i confini della casa
- Preparazione e anticipazione di un possibile piano d’azione se “accade qualcosa di brutto”
- Ruminazione del pensiero, che porta al massimo controllo di sè e dell’ambiente circostante
A livello fisiologico, tutte le manifestazioni tipiche della paura:
- Tachicardia
- Sudorazione
- Respiro rapido e superficiale
- Formicolio alle estremità come mani e piedi
- Nervosismo
- Irritabilità
- Difficoltà nel sonno
A livello motorio:
- Non voler riprendere una routine lavorativa
- Evitare il contatto sociale che richieda un’interazione vis a vis
- Riorganizzare la quotidianità (fare la spesa, buttare la spazzatura, portare a spasso il cane, ecc.) in modo che non comporti l’uscita di casa
- Annullare impegni con mesi di anticipo
In estrema sintesi, potremmo dire che consiste nel riorganizzare la propria vita presente e futura in funzione della paura. Significa scegliere di sopravvivere piuttosto che vivere una vita piena e significativa nonostante le circostanze.
Effetti a lungo termine della sindrome della capanna
Abbiamo detto che quando domina la paura entriamo in modalità “survivor” e smettiamo in certo modo di essere i padroni della nostra vita. In questo articolo abbiamo parlato del sistema di attacco-fuga e di cosa succede nel nostro organismo quando reagiamo ad un pericolo, reale o presunto che sia.
Le possibilità di reazione sono 3: attacco, fuga o evitamento.
Tutte comportano isolamento, diminuzione della curiosità e dell’esplorazione, chiusura o limitazione delle esperienze. Se nella nostra vita rimangono solo doveri e bisogni essenziali, ci limiteremo a “funzionare”.
Diciamo quindi che se i sintomi perdurano per un tempo prolungato – più di 3 settimane – il rischio è che sfocino in patologie maggiormente gravi, quali depressione, attacchi di panico o ansia generalizzata. La tristezza potrebbe diventare l’emozione prevalente nella tua vita. Non è una bella prospettiva, vero? Ecco perché è importante saperne di più ed intervenire… la posta in gioco è alta!
Sindrome della capanna e cabin fever: c’è differenza?
Non dobbiamo confondere la Sindrome della capanna con la Cabin Fever (o Sindrome del Prigioniero). In quanto contraddistinte da una sintomatologia simile, sono spesso sovrapposte. La Cabin Fever riguarda però la difficoltà ad adattarsi ad una condizione di clausura ed isolamento. Era più facilmente associabile al periodo del primo lockdown piuttosto che alla situazione che viviamo attualmente.
Come affrontare la Sindrome della capanna? Cosa posso fare?
- Vivi il momento presente. Stai nel qui ed ora e occupati di ciò che c’è piuttosto che pre-occuparti. Il futuro è incerto per tutti e agire nel presente è l’unica cosa che veramente puoi fare.
- Affronta il mondo esterno a piccole dosi. Prima vicino casa, piccole commissioni, la spesa, la spazzatura, se necessario accompagnato. Poi mano a mano alzerai il tiro. Il primo obiettivo, comunque, è arrivare a fare dell’uscita un appuntamento quotidiano.
- Datti il tempo per stabilire una nuova quotidianità. C’è voluto un po’ per abituarsi alle restrizioni. Non vedo perché non dovresti concederti lo stesso spazio per acquisire nuove abitudini!
- Riempi la tua giornata di attività piacevoli. Sport, giardinaggio, una telefonata, la serie preferita, un bagno caldo, ecc… Qualsiasi cosa va bene!
- Evita di stare incollato al telegiornale e agli aggiornamenti sulla diffusione del virus.
- Condividi quello che provi con qualcuno. Scoprirai che non sei solo!
- Fai esercizi di respirazione. Ti aiuteranno a sentirti meglio.
Se tutto ciò non ti aiuta quanto speravi, allora non avere timore o vergogna nel chiedere aiuto ad un professionista.
Non c’è niente di sbagliato nel desiderare una buona qualità di vita!